John Sterman: Comunicare il clima. Purché smart – SP – Planet Inspired
Posted by Giacomo on Mag 6, 2013 in News | 0 commentsScarsa competenza e cattiva comunicazione. Sono i mali che viziano il dibattito attorno al clima, secondo il prof del MIT
L’organo responsabile della gestione del clima mondiale, l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), si trova davanti ad un paradosso: da una parte, è stato estremamente efficace nel fare una sintesi della ricerca scientifica sul cambiamento climatico e nel calcolarne i rischi per il Pianeta, tanto che già il suo 4° rapporto del 2007 affermava che “il pericolo del riscaldamento globale è inequivocabile”. Dall’altra, però, ha riscosso un insuccesso quasi totale nel comunicare i rischi del cambiamento climatico ai decisori globali, e nell’ottenere da loro delle azioni concrete per ridurre la febbre di Gaia.
Perché accade questo? Secondo John Sterman, direttore del System Dynamics Group del MIT (Massachusets Institute of Technology) di Boston, assistiamo “a una diffusa confusione, compiacenza e alla negazione del problema da parte dei decisori governativi e del pubblico”. Un recente sondaggio dell’Istituto Gallup, ad esempio, ha evidenziato che, pur credendo nel riscaldamento globale, “la maggioranza degli americani pensa che si tratti di esagerazioni”. La causa di tutto ciò? In un suorecente articolo, il professor Sterman afferma che è molto banale: gran parte dei decisori governativi (per non parlare del pubblico) non hanno una formazione scientifica, e quindi non conoscono il linguaggio della scienza, mentre già per comprendere i documenti di sintesi dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), calcola Sterman, servirebbero almeno 17 anni di formazione scientifica! Ne consegue che i modelli mentali del pubblico e dei politici sono affetti da “persistenti errori e distorsioni cognitive, specialmente se parliamo di clima o dell’economia”, al punto che gli stessi sondaggi Gallup che chiedono al pubblico l’opinione sul cambiamento climatico sono influenzati… dalla temperatura del giorno nel quale viene compilato il questionario.
Secondo Sterman, almeno quattro problemi sono gravi: una concentrazione esclusiva sul breve periodo – mentre per risolvere la febbre del Pianeta bisogna concentrarsi su effetti di lungo periodo; una difficoltà a riconoscere i feedback multipli – il fatto che il clima dipende da una molteplicità di fattori, non solo da uno; la difficoltà a comprendere i ritardi negli effetti – il clima non reagisce istantaneamente alle nostre azioni; la non comprensione dell’effetto di accumulazione – un conto sono le emissioni umane anno per anno, un conto sono quelle accumulate nel tempo (e questo problema si applica anche al debito pubblico italiano!); infine, difficoltà nel comprendere le non-linearità dei fenomeni – il fatto che non è solo una questione di “più o meno”, e che conta il “quanto più” e il “quando”.
Insomma, secondo Sterman si tratta di “… problemi che non sorgono solo nei sistemi complessi, ma anche nel riempire la vasca da bagno”. Gaia brucia e i decisori si chiedono, sorpresi, come mai il pubblico non stia assediando i loro uffici per chiedere un’azione incisiva sul clima. E nessuno fa nulla. La soluzione? Secondo il prof. Sterman, più che maggior informazione, il problema richiede un cambiamento nei modelli di comunicazione – un apprendimento, insomma, come quello dato dagli strumenti dell’apprendimento esperienziale, con simulazioni interattive che “permettano alle persone di scoprire, da sole, le dinamiche dei sistemi complessi quali il clima”. Una comunicazione efficace, secondo Sterman, deve “catalizzare l’apprendimento ad un livello sufficientemente profondo da mutare i modelli mentali, gli atteggiamenti e i comportamenti. La semplice comunicazione di più informazioni non è sufficiente”. Un esempio concreto? Un modello simulato di clima, basato… sulla vasca da bagno!
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